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Fisioterapia nella distorsione della caviglia

La riabilitazione nelle distorsioni della caviglia

fisioterapia cavigliaDistorsione della CavigliaIn ambito ortopedico-traumatologico le principali problematiche a livello del complesso articolare della caviglia, o articolazione tibio-tarsica, sono le distorsioni (oltre alle fratture soprattutto di tibia).

La distorsione di caviglia, detta comunemente “storta”, non è un’alterazione permanente. Tuttavia, essendo il più frequente trauma muscolo-scheletrico dell'arto inferiore, è quello che maggiormente può creare problemi soprattutto se non viene effettuata una buona riabilitazione.

E’ tipica dei giovani, soprattutto degli sportivi. Gli sport maggiormente a rischio sono il basket, il calcio e la pallavolo. La maggior parte dei pazienti recupera completamente ma in circa un 30% dei casi compaiono dolore e instabilità cronica.

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La dinamica classica nelle distorsioni della caviglia è una ricaduta sbilanciata e accidentale dopo un salto o a seguito di un movimento o un contatto brusco.

Il più frequente meccanismo di infortunio è in inversione (rotazione interna della pianta del piede) ma può essere anche causato da un’ eversione (rotazione esterna della pianta del piede) e a volte i due meccanismi possono coesistere. In alcuni casi è una fragilità derivante da precedenti episodi mal curati o dovuta a uno scarso tono muscolare o ad una lassità legamentosa.

Le distorsioni sono classificate a secondo della gravità in una scala che va da 0 a 3, dalla meno grave alla più seria.

Il grado 0 è costituito da una distorsione ove il dolore della caviglia scompare o si attenua nel giro di una decina di minuti circa, e non ne compromette il movimento. Solitamente, le distorsioni di grado zero, non danno luogo a gonfiore.

Nelle distorsioni di grado 1, o leggera, c’è una compromissione dei legamenti che vengono stirati ma non compaiono rotture. E’ presente un modesto gonfiore solitamente non immediato ma che compare dopo qualche ora dal trauma, dolore che non impedisce di camminare ma allo stesso tempo non permette, se non con sofferenza, di riprendere l’attività interrotta. Il danno funzionale è quasi assente quindi non è compromesso il movimento e non è presente instabilità articolare.

Nelle distorsioni di grado 2, o moderata, c’è una parziale rottura dei legamenti, il gonfiore compare pochi minuti dopo l’evento traumatico e si possono vedere anche delle chiazze rosse sotto la pelle. Esse indicano che alcuni vasi sanguigni si sono rotti. In tale situazione è impossibile riprendere l’attività fisica e il dolore, anziché passare con il tempo, tende ad aumentare o a rimanere costante per diverse ore. Si riscontra una certa perdita della funzione articolare e quindi del movimento e una lieve instabilità.

Nelle distorsioni di grado 3, o gravi, vi è una rottura completa dei legamenti con gonfiore che inizia subito dopo il trauma e c’è pure un versamento interno di sangue. Il paziente avverte un dolore intenso: non riesce a muovere la caviglia e non può sopportare nemmeno che qualcuno cerchi di farlo.

Si riscontra un’instabilità meccanica e l’incapacità di sostenere il peso sull’arto. Nelle distorsioni di terzo grado, il danno può essere rappresentato oltre che da una rottura dei legamenti anche da una frattura ossea.

Qualora si trattasse di una frattura, va esaminata e, se necessario, si dovrà intervenire chirurgicamente oppure fare una ingessatura che il paziente dovrà portare per quaranta giorni. A essi seguirà un ciclo di fisioterapia mirata a riprendere la corretta mobilità del piede, fino a giungere, in sessanta giorni, alla guarigione completa.

Nelle distorsioni della caviglia è molto importante il primo intervento, quello che si fa in campo, subito dopo l’evento traumatico.

E’ bene quindi sapere cosa fare, nel caso non ci fosse un esperto. E' semplice ricordarlo tramite questo acronimo PRICE (protezione, riposo, ice, compressione, elevazione).

Per prima cosa quindi bisogna applicare il ghiaccio e mettere la gamba in alto, elevarla. Dopo aver tolto delicatamente la scarpa e la calza, bisogna fasciare la caviglia con un bendaggio compressivo e non bisogna caricarci il peso.

Dopo qualche minuto si può levare il bendaggio compressivo per esaminarla, deve essere valutata da personale medico che effettuerà dei test per la diagnosi del grado della lesione e per la scelta del trattamento più appropriato. Premettendo che ogni distorsione è diversa dalle altre, quindi necessita di un trattamento personalizzato, individuato dall’ortopedico e dal fisioterapista, per dare un idea generale si può affermare che nelle distorsioni di grado 1 e 2 il percorso riabilitativo è molto simile, sia per modalità che per tempi di recupero, e sarà quello di cui parleremo.

Nel caso la lesione sia di grado 3 come detto prima potrà essere necessario un trattamento chirurgico, al quale seguirà un percorso riabilitativo post-chirurgico.

Non tutti concordano sulla necessità di un intervento, alcuni ortopedici e fisiatri consigliano anche in caso di rottura dei legamenti un trattamento conservativo, cioè ritengono che un adeguato programma fisioterapico sia sufficiente a ridare stabilità alla caviglia.

Nella prima fase del trattamento, o acuta, che durerà 2-3 giorni nelle distorsioni di grado 1,4-5 giorni in quelle di grado 2, 7-6 in quelle di grado 3, si seguirà sempre il PRICE: Protezione della caviglia lesa Riposo funzionale.

E’ consigliabile in questa primissima fase immobilizzare la caviglia, un’immobilizzazione parziale, cioè senza tutori o apparecchi gessati, a meno che non ci sia un frattura. Questo non solo per una ripresa più rapida ma anche migliore, è più conveniente, infatti, immobilizzare parzialmente la caviglia, utilizzare per camminare magari una stampella (se si vuole mantenere un carico parziale sulla caviglia lesa) o due (nel caso in cui è prescritta l’assenza totale di carico sulla caviglia lesa) e poi cominciare precocemente la riabilitazione.

E’ stato dimostrato infatti che il movimento velocizza la guarigione, mentre l'immobilizzazione la rallenta o addirittura la blocca.

Applicazione del ghiaccio, per 20 minuti ogni 2-3 ore, non si può tenerlo a contatto con la pelle perché provocherebbe ustioni, quindi si mettono 3-4 cubetti nella borsa del ghiaccio che invece può essere a contatto con la pelle.

Dopo questa fase l’applicazione di ghiaccio andrà interrotta, prolungarla infatti rallenterebbe il processo di guarigione dei tessuti. La caviglia dovrà essere avvolta in un bendaggio compressivo. Mantenere l’arto in posizione elevata per favorire il ritorno venoso e per la riduzione dell’edema, del gonfiore.

Nella seconda fase, o sub-acuta, se non sono comparse complicazioni si può cominciare con la rieducazione funzionale. La riabilitazione è un percorso progressivo dove il lavoro, la fatica e la difficoltà degli esercizi andrà gradualmente aumentando nel tempo.

Questa fase sarà incentrata sul: Controllo del dolore e recupero del "ROM articolare" (range of movement), quindi dell’ampiezza del movimento

Recupero della forza muscolare e della stabilità. Per il dolore si utilizzeranno Terapie fisiche (Tecar, Tens, Elettrostimolazione, Ultrasuoni), terapie manuali, in particolare massaggi drenanti per la riduzione del gonfiore e massaggi trasversali (con cautela). Per una graduale ripresa della mobilità articolare:

  1. Mobilizzazioni passive manuali. Effettuate quindi sul lettino, paziente sdraiato supino, in assenza di carico. Sarà il fisioterapista a flettere ed estendere la caviglia del paziente ovviamente nel rispetto più assoluto del dolore. Questo per riuscire a guadagnare la piena escursione articolare della flessione ed estensione plantare.
  2. Mobilizzazioni attive -assistite. In parte il paziente, sempre sdraiato supino, muoverà attivamente la caviglia ma se non riuscisse a fletterla ed estenderla completamente il terapista lo aiuterà nel completare il movimento. Inoltre si faranno esercizi dove si chiederà la flesso-estensione autonoma del ginocchio, e di conseguenza si porterà dietro la caviglia sotto la quale si può posizionare una piccola palla.
  3. Mobilizzazioni attive e contro-resistenza. Il paziente fletterà ed estenderà la caviglia autonomamente sempre sul lettino. Gli si chiederà di fare circonduzioni, o disegnare con il piede figure geometriche o le lettere dell’alfabeto. Infine effettuerà anche movimenti contro resistenza, o da sdraiato o da seduto, lavorando in questo modo anche sul recupero della forza muscolare. Il terapista metterà la propria mano sulla caviglia del paziente, a seconda del movimento che vuole recuperare e dei muscoli che vuole rinforzare, chiedendo a questo di spingere con il piede contro la sua mano.
  4. Si lavorerà anche per il risveglio e il rinforzo muscolare, che deve essere selettivo, mirato ad alcune catene muscolari (in particolare ai muscoli flessori ed eversori dorsali) e anche accompagnato da esercizi di allungamento e rilasciamento in modo che si ristabilizzi l’equilibrio muscolare fondamentale per restituire almeno la parte dinamica della stabilità. 

Per il rinforzo muscolare si faranno:

  • Esercizi in carico, sollevare le punte, sollevare i talloni, mettere un piede su un gradino.
  • Esercizi con le bande elastiche aumentando gradualmente la resistenza dell’elastico.
  • Rinforzo del tibiale anteriore e dei peronieri.
  • Esercizio con l’aiuto di una palla di spugna, messa sotto il piede e si chiederà al paziente stando in stazione eretta o anche da seduto di spingere contro il pallone
  • Esercizi sulla deambulazione, cioè sul passo, per reintegrare il piede nella funzione dell’arto inferiore. Lo si farà camminare in avanti, all’indietro, laterale. Squat prima in appoggio bi-podalico, su entrambe le gambe, poi mono-podalico, su una gamba sola.
  • Esercizi in flessione plantare prima a ginocchio esteso poi a ginocchio flesso (piegato).

Nella terza fase quando la caviglia è completamente asciutta ed il tono muscolare buono, ciò lo deduciamo misurando la forza recuperata confrontandola con quella dell'arto sano si incomincerà con:

  • Camminata veloce alternata a corsa leggera
  • Corsa sul nastro trasportatore (tapis roulant)
  • Corsa in strada, si abituerà il paziente prima facendogli eseguire dei percorsi con ostacoli per abituarlo all’instabilità del terreno che non sarà mai omogeneo come lo è sul tapis lourant Si faranno eseguire salti Rieducazione a tutte le attività che svolgeva prima della distorsione.

Negli atleti è importante anche rieducare il gesto atletico, affinché venga eseguito nel modo migliore e limitare eventuali recidive. In tutte queste fasi inoltre si effettueranno esercizi per la rieducazione propriocettiva, che nella riabilitazione della caviglia ha un ruolo predominante ed è per questo che merita un discorso a parte.

Riacquistare la capacità propriocettiva, vale a dire rieducare il piede al perfetto controllo posturale e del movimento. Dopo un trauma come una distorsione della caviglia o una frattura non è sufficiente recuperare l'elasticità e la forza muscolare degli arti inferiori, bisogna migliorare l'equilibrio e il controllo posturale statico e dinamico per evitare recidive.

A questo scopo è nata la rieducazione propriocettiva, che è sicuramente la più importante anzi da sola quasi sarebbe sufficiente. Gli esercizi propriocettivi sono quindi quelle attività che vanno a stimolare il sistema propriocettivo, con l'obiettivo di allenarlo a fornire delle risposte rapide ed adeguate in situazioni destabilizzanti e potenzialmente pericolose, rendendo cosciente l'individuo nei confronti del proprio corpo.

Inizialmente si effettuerà una rieducazione propriocettiva in assenza di carico, per abituare il paziente a percepire le diverse caratteristiche del movimento indotto e renderlo cosciente riguardo alle sue possibilità di reazione motoria.

Il paziente starà seduto e sotto il piede si metterà una tavoletta o una superficie instabile. Successivamente, si eseguiranno gli esercizi propriocettivi in stazione eretta prima in carico parziale poi totale.

Si proporranno esercizi su superfici instabili, come i piani circolari, le tavolette quadrate e le semisfere.

Il paziente deve imparare a mantenere l'equilibrio con semplici movimenti delle caviglie, inizialmente ad occhi aperti e con l'aiuto del terapista, successivamente senza aiuto e senza il controllo visivo, quindi gli si chiederà di chiudere gli occhi.

Esercizi di trasferimento del carico, del peso corporeo, dall’arto sano a quello leso e viceversa. Il lavoro prosegue poi in mono-podalica , su un gamba sola, sia sull'arto leso sia su quello sano.

In questa fase il terapista può aiutare il paziente, o destabilizzarlo con delle spinte quando ha raggiunto un buon controllo dell'equilibrio.

Quando il paziente ha recuperato una buona deambulazione, dopo aver eseguito esercizi di scomposizione e di correzione delle varie fasi del passo, si procede con l'eseguire un percorso propriocettivo con ostacoli composto da cuscini che hanno una diversa consistenza e deformabilità, in modo da adattare il passo e stimolare i recettori propriocettivi durante la camminata su un terreno non omogeneo.

Questo perché nella vita di tutti i giorni noi camminiamo continuamente su terreni instabili, ed è l’articolazione tibio tarsica insieme al complesso articolare del piede che permettono di orientare la volta plantare in tutte le direzioni in modo da adattarlo a tutti i tipi di terreno su cui deve poggiare.

Da questo si capisce come una caviglia lesa e instabile rappresenti il presupposto di distorsioni recidivanti, e si comprende quindi l'importanza determinante di una buona rieducazione dopo un episodio distorsivo.

Elena Raveggi